Just for a drop
L'escaut, Bruxelles
2018
Vitalista, spesso organico, mirando a un'estetica ecologica e a un'economia dei mezzi e dei materiali di produzione, circolare e involutivo, confinante con l'autosufficienza, l'opera di Alberto Scodro aspira a trascendere e persino generare la propria materia creativa.
È anche un lavoro che parla di flusso e circolazione, trasformazione e mutazione. Oscillando tra l'hybris e la modestia, si svela impegnando una dialettica tra le diverse tensioni che genera o ci permette di vedere: tra l'organico e il minerale, l'industriale e l'artefatto, il verticale e l'orizzontale, il controllo e la resa...
Tutti questi elementi si trovano nell'installazione appositamente progettata per il sito di L’Escaut Architectures, cooperativa di architetti fondata da Olivier Bastin nel 1989.
Alberto Scodro ha risposto all'invito di L’Escaut per concepire un'opera per il loro sito con una proposta radicale: deviare completamente il circuito della circolazione del riscaldamento centrale, trasformando l'edificio - per il tempo di una mostra - in modo simile a una gigantesca macchina del caffè architettonica che agisce in modo sia metaforico che efficiente su una serie di lastre pre-cotte fatte di sabbia e minerale fuso. Questa proposta è stata fatta, intuizione o coincidenza premonitrice, prima di scoprire che L’Escaut prima di essere uno spazio per l'architettura, era stato un magazzino per conservare il caffè...
La sua intervenzione porta l'intero edificio in una tensione verticale, percependolo come un organismo vivente dal quale devierà il fluido vitale e lo indirizzerà verso una nuova produzione, generando una nuova esperienza.
Contrastando con l'orizzontalità dell'esposizione al piano terra, questo dirottamento verticale trasforma il monta carichi del magazzino in una "doccia scultorea" che trova un contrappunto acustico nella presa d'aria situata sul retro dell'edificio, che Scodro utilizza come vettore per la diffusione di registrazioni fatte in loco, facendo riferimento alla circolazione degli utenti del sito.
Al primo piano, la foresta di termosifoni riunita per prepararsi al calo di percolazione risponde all'impulso ascendente suggerito dai ginko biloba, gli alberi che Scodro coltiva nel suo paese, e che sono stati accuratamente piantati in vasi di terracotta rattoppati perchè precedentemente usati per fondere le sculture esposte al piano terra.
Uno di questi ginko, albero preistorico noto anche per le sue qualità di vasodilatatore/fluidificante della circolazione sanguigna, è piantato nel mezzo del cortile e rimarrà a L’Escaut dove proseguirà silenziosamente la sua crescita.
Una nota finale su queste fusioni scultoree che ricorrono a una varietà di materiali grezzi, da oggetti mondani più o meno riconoscibili o rifiuti delle nostre società industriali a minerali semi-preziosi, ai quali Scodro dona una nuova vita e un nuovo splendore.
Compositi, sia organici che industriali nei loro costituenti, queste fusioni cristallizzano l'aspirazione dialettica che attraversa il lavoro di Scodro e struttura il suo impegno sia a livello artistico che socio-politico: questa convinzione nella possibilità di assimilare, metabolizzare, letteralmente e figurativamente, il rifiuto e il prezioso, il raro e l'innocuo, il minerale e l'organico, al fine di renderlo, al di là delle forme estetiche intriganti rivelate dalle sue sculture, la promessa di un futuro possibile, un'allegoria di un pianeta in grado di reinventarsi.
Emmanuel Lambion
2018
Vitalista, spesso organico, mirando a un'estetica ecologica e a un'economia dei mezzi e dei materiali di produzione, circolare e involutivo, confinante con l'autosufficienza, l'opera di Alberto Scodro aspira a trascendere e persino generare la propria materia creativa.
È anche un lavoro che parla di flusso e circolazione, trasformazione e mutazione. Oscillando tra l'hybris e la modestia, si svela impegnando una dialettica tra le diverse tensioni che genera o ci permette di vedere: tra l'organico e il minerale, l'industriale e l'artefatto, il verticale e l'orizzontale, il controllo e la resa...
Tutti questi elementi si trovano nell'installazione appositamente progettata per il sito di L’Escaut Architectures, cooperativa di architetti fondata da Olivier Bastin nel 1989.
Alberto Scodro ha risposto all'invito di L’Escaut per concepire un'opera per il loro sito con una proposta radicale: deviare completamente il circuito della circolazione del riscaldamento centrale, trasformando l'edificio - per il tempo di una mostra - in modo simile a una gigantesca macchina del caffè architettonica che agisce in modo sia metaforico che efficiente su una serie di lastre pre-cotte fatte di sabbia e minerale fuso. Questa proposta è stata fatta, intuizione o coincidenza premonitrice, prima di scoprire che L’Escaut prima di essere uno spazio per l'architettura, era stato un magazzino per conservare il caffè...
La sua intervenzione porta l'intero edificio in una tensione verticale, percependolo come un organismo vivente dal quale devierà il fluido vitale e lo indirizzerà verso una nuova produzione, generando una nuova esperienza.
Contrastando con l'orizzontalità dell'esposizione al piano terra, questo dirottamento verticale trasforma il monta carichi del magazzino in una "doccia scultorea" che trova un contrappunto acustico nella presa d'aria situata sul retro dell'edificio, che Scodro utilizza come vettore per la diffusione di registrazioni fatte in loco, facendo riferimento alla circolazione degli utenti del sito.
Al primo piano, la foresta di termosifoni riunita per prepararsi al calo di percolazione risponde all'impulso ascendente suggerito dai ginko biloba, gli alberi che Scodro coltiva nel suo paese, e che sono stati accuratamente piantati in vasi di terracotta rattoppati perchè precedentemente usati per fondere le sculture esposte al piano terra.
Uno di questi ginko, albero preistorico noto anche per le sue qualità di vasodilatatore/fluidificante della circolazione sanguigna, è piantato nel mezzo del cortile e rimarrà a L’Escaut dove proseguirà silenziosamente la sua crescita.
Una nota finale su queste fusioni scultoree che ricorrono a una varietà di materiali grezzi, da oggetti mondani più o meno riconoscibili o rifiuti delle nostre società industriali a minerali semi-preziosi, ai quali Scodro dona una nuova vita e un nuovo splendore.
Compositi, sia organici che industriali nei loro costituenti, queste fusioni cristallizzano l'aspirazione dialettica che attraversa il lavoro di Scodro e struttura il suo impegno sia a livello artistico che socio-politico: questa convinzione nella possibilità di assimilare, metabolizzare, letteralmente e figurativamente, il rifiuto e il prezioso, il raro e l'innocuo, il minerale e l'organico, al fine di renderlo, al di là delle forme estetiche intriganti rivelate dalle sue sculture, la promessa di un futuro possibile, un'allegoria di un pianeta in grado di reinventarsi.
Emmanuel Lambion